Villaggio, non è …

Villaggio, non è …

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Cagliari 10 gennaio 2012

VILLAGGIO, NON E’ SOLO COLPA SUA

Gli effetti collaterali di certa cultura sarda

“In Sardegna si fanno pochi figli perché i pastori sardi preferiscono le relazioni con le pecore” ha farfugliato Fantozzi durante la trasmissione televisiva di Oliviero Beha dove si voleva dare una spiegazione al drastico calo delle nascite in Italia, Sardegna compresa. La frase ha subito riscosso il compiacimento dell’onorevole nipote del Duce, anch’essa ospite della puntata, il colpevole silenzio di Beha e suscitato l’indignazione di un’intera Isola.

Non è la prima volta che capita di sentire una grave offesa rivolta alla gente di Sardegna e purtroppo temo che non sarà l’ultima. Questa frase sciagurata va condannata. Ufficialmente. Prima di tutto dalla categoria direttamente offesa: i pastori. E poi siccome “pastores semmus tottus” come ha detto qualcuno, da tutta la gente sarda. Che i rispettivi rappresentanti, Movimento dei pastori sardi e presidenza della Regione, presentino querela a Fantozzi e ne pretendano le scuse ufficiali.

Per onestà intellettuale però dobbiamo dirla tutta. Non prendiamocela solo con Fantozzi, la colpa non è soltanto sua. Purtroppo c’è anche del nostro. Dobbiamo ringraziare soprattutto Gavino Ledda che alla fine degli anni ’70 diresse e interpretò “Padre padrone” il film prodotto dai fratelli Taviani tratto dal romanzo scritto sempre dal regista di Siligo. Una delle scene principali del film e del libro fu proprio il rapporto improprio tra l’uomo e l’animale. Il pastore e la pecora.

“Dai vieni avanti dai Gavino, sei l’attrazione della festa, fai un po’ vedere alle signore come si fa come si fa con una pecora l’amore, vero folklore sardità” lo ammoniva Piero Marras in “Stazzi Uniti” uno dei suoi brani di maggior successo. E con il cantautore nuorese tanti altri. Ma quella scena maledetta rimarrà scolpita per sempre nell’immaginario collettivo italico. Uno stereotipo marchiato con il fuoco.

Il film di Ledda non è la sola madre di questa “distorsione culturale”, di questa percezione malata. Molti altri autori sardi (registi cinematografici e teatrali, attori, scrittori e giornalisti) hanno sempre raccontato questa terra esclusivamente attraverso le tematiche del mondo del banditismo e della realtà agropastorale. Sono pochissimi gli esempi che vanno in altra direzione.

Questa bellissima terra è ora che venga raccontata diversamente. Mi rivolgo soprattutto alle nuove generazioni di autori e di intellettuali, ma anche a ciascuno di noi che racconta la nostra isola in giro per il mondo. La Sardegna non è solo crisi economica e sociale, vera responsabile del calo delle nascite, è anche tante cose belle, uniche al mondo. Non occorre ricordarle. Solo così in futuro, gli eredi di tutti i “Fantozzi” d’Italia non avranno lo spunto per insultarci servito su un vassoio d’argento.

A.M.

 

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