Uno straordinario parroco di campagna

Uno straordinario parroco di campagna

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Cagliari, 04 novembre 2017

UNO STRAORDINARIO PARROCO DI CAMPAGNA

In memoria di Don Domenico Obinu, sacerdote e docente di musica

Non si hanno elementi sufficienti di valutazione”. Testo e musica di Domenico Obinu. Mah! Eh sì caro Don Domenico, fu questo il biglietto da visita col quale si presentò a noi alunni della Prima C, anno scolastico 77’-78’, nel valutarci il primo quadrimestre di Educazione musicale. Ma cosa vorrà dire questo strano giudizio? Ci chiedevamo tra compagni di classe e con i nostri genitori. Uguale per tutti poi. Già era insolito vedere un prete che non insegnasse Religione. Figurarsi poi se ci doveva addirittura dare lezioni di Musica e propinare un giudizio così diverso da quelli delle altre materie.

La verità è che era arrivato da poco tempo. A quadrimestre inoltrato. Quando mai si sarebbe avventurato in valutazioni sommarie! Col tempo imparammo a conoscere il suo rigore e capimmo.

Non fu l’unico elemento di originalità. Ricordo quando iniziò a frequentare la nostra casa di via Medusa. Per le visite pastorali ma anche per convincere i miei genitori a farmi entrare nel gruppo dei boy scout che proprio in quel periodo stava fondando a Samugheo. Due cose giocarono a suo favore nell’azione di persuasione. La passione per i cartoni animati e il gradimento del buon vino. Per mio padre soprattutto la seconda.

Ci entrai nei boy scout. E trascorsi alcuni tra i migliori anni della mia fanciullezza. Tra i più formativi dal punto di vista religioso, educativo e sociale. Per un figlio unico come me la vita e la disciplina di gruppo era ciò che ci voleva. Per iniziare a smussare alcune componenti del mio carattere non proprio “a norma”.

Indimenticabili le scampagnate a suon di musica. Riuscì a far cantare anche me, così timido e così … stonato, il brano dedicato alla “Madonna degli scout”. Il mio preferito.

Quando con Rita decidemmo di convolare a nozze non avevo idea di come iniziare a organizzare l’evento. Un solo punto fermo: chiedere a lei di celebrare la messa del grande passo. Ricordo quando venni ad Ardauli a chiederglielo. Rincontrandola dopo tanti anni.

Quante chiacchierate da allora. A parlare di lavoro, di musica, di politica e delle cose della vita. Di religione e della fede “che uno ha o non ha” come ha sempre sostenuto con taglio manicheo. Radicale. Senza se e senza ma.

E della sua missione di “semplice parroco di campagna” per dirla alla Papa Roncalli. Che prevedeva l’assolvimento di qualunque compito o quasi. Anche di incontrare, in notturna, personaggi “alla macchia”. E a domanda: “Ha avuto paura in circostanze come queste”? Rispose semplicemente: “No … anche in quei luoghi ero a casa di Nostro Signore”.

O di architettura. Come in occasione dell’analisi del mio progetto di restauro della Chiesa campestre di San Basilio quando era segretario della Commissione per l’Arte sacra della Diocesi di Oristano: ebbi modo di apprezzare la sua cultura e le sue conoscenze anche in un campo così specifico.

Quando capitava di parlare della sua malattia lo faceva con leggerezza, pur non nascondendone la gravità e l’epilogo che avrebbe avuto. Nella chiesa di Simaxis erano presenti anche fedeli provenienti da Ardauli. Quelli che hanno voluto presenziare a entrambe le funzioni religiose. Alcuni di loro raccontavano di come la sua guida pastorale non sia mai venuta meno. Neanche nei periodi in cui la malattia con la quale ha combattuto con forza, ha inferto le sofferenze peggiori. Costringendola a celebrare la messa seduto. Lo raccontavano commossi. I ventitre anni del suo ministero lasceranno un segno indelebile nella storia sociale e religiosa di quella comunità.

Mi mancherà! Mi mancherà il confronto con la sua ricca personalità: profonda preparazione teologica e appassionato insegnante di musica. E quel mix di ironia, serietà e saggezza che ha sempre contraddistinto la sua persona. L’uomo e il sacerdote. Quella originale pozione tra rigore e leggerezza, oserei dire tra sacro e profano, che le permetteva di sdrammatizzare anche le situazioni più delicate senza però perdere di vista il senso di giustizia e di onestà. E, soprattutto, il suo ruolo di uomo di Chiesa.

La (ri) saluto oggi, giorno del trigesimo, giusto a tre anni dall’ultimo saluto a mio padre. Nel frattempo vi sarete rincontrati e avrete ripreso i dibattiti di un tempo. Ora come allora con due argomenti all’ordine del giorno: religione e politica. Tenga conto che, conoscendolo, sarà rimasto comunista anche lassù e continuerà a non essere d’accordo con lei su molti punti. Mi raccomando me lo saluti e le ricordi di continuare a tenerci d’occhio.

Adiosu Don Domenico e grazie dell’amicizia di cui mi ha pregiato in tutti questi anni, dall’infanzia all’età adulta.

Antonello

QUESTO RICORDO E’ STATO PUBBLICATO NEL NUMERO DI DICEMBRE DE “L’ARBORENSE” LA RIVISTA DELLA DIOCESI DI ORISTANO

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