Il sorriso del pallone

Il sorriso del pallone

Cagliari, 15 gennaio 2023

IL SORRISO DEL PALLONE

Quando la grande stampa si accorse di lui giocava nella Cremonese, la squadra della città natia. Diciannove anni, figlio di industriali di rango, militava nel campionato cadetto ‘arando’ con classe sopraffina la fascia destra del prato di giuoco. Un’ala tornante che puntava la porta.

‘In fondo al Vialli’ titolava l’articolo del Guerin sportivo che lo presentava al grande calcio nel ‘983. ‘Stradivialli’ lo chiamava Gianni Brera sostenendo che viste le origini borghesi uno come lui doveva necessariamente giocare centravanti. E così fu alla Samp con Boskov in panca, che lo inventò centrattacco e capocannoniere. ‘Vialli al Milan’ titolò in copertina il Guerino nel ‘988 con tanto di rendering della maglia rossonera, preannunciandone il passaggio poi sfumato alla corte del Presidentissimo. Per la gioia di noi milanisti (di primo e secondo ‘letto’) che già sognavamo di vederlo giocare a fianco di Van Basten. Rimase invece alla Sampdoria per vincere l’unico scudetto e migrare poi a Torino qualche anno dopo a conquistare Campionato e Lega dei Campioni.

            Lo vidi una volta dal vivo al Sant’Elia (si chiamava così allora), in occasione di Italia Argentina (0-0), una gara giocata al ‘risparmio’ da entrambe le compagini. Non brillò, anche per le non perfette condizioni fisiche, ma fu un piacere vederlo gigioneggiare sul fronte d’attacco in tandem con Serena.

Vialli è stato uno dei rari esemplari di calciatore pensante (mai pronunciate frasi fatte del tipo ‘daremo il massimo’ o ‘lanceremo il cuore oltre l’ostacolo’), solare, schietto e … terapeutico. Sempre col sorriso stampato a ironizzare su tutto o quasi lo scibile del mondo pallonaro, in una realtà dove già imperava come tuttora impera la seriosità d’ordinanza. Uno degli ultimi esemplari del calcio made in Italy (da quand’è che non nasce uno come lui?), prima che il ‘governo del pallone’ ne innescasse il processo di estinzione. Quando il calcio somigliava ancora a quello ‘pane e salame’ che iniziava all’oratorio e finiva in osteria.

Checché ne dicesse il compianto professor Veronesi, che la liquidava come mero ‘fenomeno urbanistico’, la dipartita di qualcuno rimane sempre qualcosa di inaccettabile. Ancor di più quando accade prematuramente e ad andarsene sono le persone rare.

A.M.